Natalia Aspesi – Mina, l’incanto della voce di una donna libera

Di Natalia Aspesi – Venerdì di Repubblica
30.10.1987

L’hanno vista per l’ultima volta su un palcoscenico nell’estate del ’78, in Versilia. Il pubblico era quello solito delle vacanze, tanta gente che si sentiva bella; tutti abbronzati, tutti magri, anche troppo eleganti. Mina era un’apparizione incantevole, benevola, materna, ironica, anche inquietante nella sua totale disubbidienza alle smanie estetiche. Come una regina lontana, sicura dei suoi poteri misteriosi, esibiva il candore soffice della carnagione, il corpo ingrassato, i veli neri e disordinati che la ricoprivano. La trasgressione la faceva bellissima, e punitiva: la sua bravura, quella sua capacità di commuovere con il furore e la dolcezza della voce, stordivano come sempre il pubblico che, guardandola, si inquietava sentendosi sbagliato: troppo abbronzato, troppo magro, tropo elegante. Ancora una volta Mina dava una lezione di libertà, con pacata indifferenza, senza orgoglio. E da allora la sua libertà è stata quella di sottrarsi al palcoscenico, alla televisione, al concerto, all’apparizione, alla pericolosa prigionia del successo. Aveva, quell’estate, 38 anni, due di più della Garbo quando decise di ritirarsi. Solo che lei ha continuato a fare il mestiere che le piace, cantare, però secondo le sue regole: ogni tanto, con pigrizia, con professionalità, conducendo trasmissioni radiofoniche che la occultano, preparando, studiando, incidendo un disco doppio all’anno, che i suoi devoti aspettano appassionatamente. Senza dimenticarla, in tempi in cui tutto viene spazzato via in fretta e l’insofferenza verso gli idoli improvvisati segue di poco il delirante entusiasmo. Quel che si vede oggi di Mina in televisione sono le rievocazioni delle sue trasmissioni in bianco e nero, quando era una geniale, cotonata, magra e scalpitante ragazza di provincia, diventata una star nostrana cantando “Le mille bolle blu” e “Tintarella di luna”. O le rare fotografie strappatele da cocciuti fotografi e pubblicate da rotocalchi sfacciati che la mostrano, faccia candida, capelli tirati indietro occhiali neri, corpo pesante, mentre sale in macchina con il suo compagno, il medico Eugenio Quaini, o mentre, come successe l’anno scorso, diventata nonna a 46 anni, entrava in clinica per vedere il nipotino Axel, figlio del suo primogenito Massimiliano. Proprio questo bambino fu il primo scandalo nella vita di Mina: un giorno dell’autunno 1962 convocò a Milano una conferenza stampa per annunciare che aspettava un figlio da un uomo sposato, Corrado Pani, e che ne era felicissima. Erano cose che allora, in epoca pre-minigonna e pre-liberazione sessuale, non si facevano e soprattutto non si pubblicizzavano. La cantante più amata del momento, a 22 anni, rischiava di esser bandita dalla televisione, dalle case probe dove una ragazza madre non aveva diritto d’asilo neppure sotto forma di disco. I giornali camparono mesi sull’inaudito evento. Poi sul matrimonio col giornalista Virgilio Crocco, sulla nascita, nel 1971, della figlia Benedetta, sulla separazione, sulla vedovanza. L’assedio attorno a lei per spiare dolore o menefreghismo fu insopportabile. Dopo anche antipatiche vicende fiscali Mina se ne andò dall’Italia e dal 1979 vive a Lugano. La più forte è lei, dice sempre di no a tutto e a tutti. Ha ottenuto l’impossibile, essere una diva vivendo come piace a lei. Si è salvata dalla schiavitù dell’immagine, dai lifting ossessivamente ripetuti, dalle diete dimagranti e umilianti, dall’odio per il proprio invecchiamento, dallo smanioso, pericoloso esibizionismo. Si è sottratta all’invincibile involgarimento della televisione che annienta i personaggi nella ripetitività delle apparizioni. Canta, ingrassa e gioca a carte: forse ha ragione lei.

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