Liberal n. 39/1999
Cara Mina,
durante i tragici mesi della guerra nel Kosovo, anche mia figlia di nove anni si è sentita coinvolta nella grande azione di solidarietà che è stata la Missione Arcobaleno. Provocata e commossa dalla visione in tv di bambini come lei che piangevano aggrappati al collo delle madri, ha deciso di rinunciare per un mese alle merendine del pomeriggio ed ha voluto devolvere l’equivalente per soccorrere la sofferenza di quei poveretti. So che anche molti suoi compagni di classe hanno fatto lo stesso. Ora sappiamo come è andata a finire. Per fortuna non ha sentito le polemiche sugli sprechi. Ma se mi chiedesse dove sono andati a finire i suoi risparmi, che cosa le dovrei dire?
Marina F., Viadana
Cara Marina,
ennesima cronaca di ordinaria follia dal paese di Bingo Bongo. Per sollecitare gli italiani al sostegno di una grande azione umanitaria si sono mobilitati i papi del pensiero laico, sono stati confezionati spot ad effetto, e i numeri dei conti correnti sono stati più ripetuti delle sequenze delle cifre del Superenalotto. Raccolte di generi alimentari ai supermercati, bollettini postali allegati ai giornali, in una gara nazionale che ha riproposto il mito dell’italiano buono e sensibile ai bisogni di chi soffre. Alla nobile corsa per la solidarietà non ci si poteva sottrarre. È stato fatto di tutto per far sentire una schifezza umana chi faceva spallucce o cambiava canale, chi cinicamente poneva questioni sul modo in cui sarebbero stati gestiti i fondi raccolti, chi, in definitiva, non voleva o non poteva inviare nulla.
C’era quasi da aspettarselo, questo ennesimo scandalo di fine estate. Quando mai un’iniziativa pubblica è filata via liscia, rispettando le nobili intenzioni di chi vi aveva aderito, animato solo dalla sincera volontà di dare una mano a un fratello? Si scelga una questione a piacere, tra le infinite magagne che deliziano il panorama di questa terra benedetta da Dio e sventrata dagli uomini. Si sentiranno proclami, intenzioni e belle strategie. Grandi bandiere attorno a cui radunare i sentimenti popolari. Trionfali annunci, ricette miracolistiche escogitate dai nostri governanti che sostengono che stanno per farci entrare nell’Eden definitivo e che la loro lungimiranza ha eliminato ogni possibilità di errore. Ma le grandi bandiere servono solo a restaurare il belletto di chi le agita.
Ne sanno qualcosa i nostri partner europei. Partner loro malgrado, perché non perdono occasione per bollare di inaffidabilità questo paese che si vorrebbe normale, ma che ha fatto dell’anomalia la sua legge irredimibile. Hanno torto a dipingerci sempre come arruffoni e pressappochisti, inconcludenti e rissaioli. Siamo proprio dei poveracci, dei buffoni.
Tutto a posto nel paese di Bingo Bongo, come se fosse normale che una qualsiasi famiglia italiana lasciasse marcire ciò che si è procurata, magari con dei sacrifici. Come se lo spreco fosse la logica ovvia. Abbiamo sentito gracchiare che “la Missione Arcobaleno è stata un grande successo per l’Italia, per tutte le istituzioni, ma soprattutto per il popolo italiano che ha dimostrato tutta la sua solidarietà”. E in effetti 130 miliardi provenienti da privati cittadini sono tanti soldi. Ma, dopo che bambini, disoccupati e pensionati si sono sacrificati per una causa nobile, non valeva forse la pena di organizzarsi al meglio perché il loro legittimo desiderio di partecipare alla gara di solidarietà andasse a buon fine?
È ovvio che non ci sarà mai un responsabile che ci dirà perché dal porto di Bari non sia partito nessun medicinale, e come mai fette biscottate, antibiotici, latte in polvere e integratori vitaminici siano marciti sotto il sole di Puglia.
Nel paese di Bingo Bongo sarebbe troppo chiedere la normalità. Ma non accetto neppure che mi si parli di “screening sui container per verificare il limite fisiologico delle perdite e delle avarie”. Ciò che va rispettato non sono i parametri fisiologici, stabiliti chissà da chi e che mascherano solo colpevoli disservizi, ma la commozione sincera dei bambini come tua figlia e la partecipazione civile di chi si è privato del suo per essere di qualche aiuto nella tragica vicenda del Kosovo.
Tutto normale nel paese di Bingo Bongo. Normale come la speculazione di chi lucrerà sull’operazione di stoccaggio e di recupero delle merci avariate. Normale come le polemiche che sono il nostro pane quotidiano. Normale come la nostra dignità lasciata marcire sotto il sole, assieme ai 904 container sul porto di Bari.