Di Natalia Aspesi – Il Giorno
25.07.1962
Sembra una di quelle fotografie che le grandi riviste americane dedicano ai monumenti della musica leggera e del jazz: lo sfondo è del tutto buio, una riga di luce disegna il contorno di un paio di musicisti seri, impegnati, e fa brillare il profilo di lei, della diva. Il braccio che sostiene il microfono, quello che ondeggia stanco verso il pubblico, le curve della scollatura profonda dell’abito nero, il viso drammatico che sta soffrendo Gershwin.
Ci saranno duemila persone appiccicate una all’altra come se avessero freddo ad ascoltare questa Mina bravissima, matura, che sembra essersi dimenticata dei suoi celebri strilli: le battono le mani con un po’ di soggezione anche quando si dimentica delle sue ambizioni jazz per scatenarsi in una serie di canzoni sudamericane importate dal suo ultimo viaggio in Brasile. Le impongono una serie di bis, lei salta dalla canzone napoletana al twist, dal jazz alla samba: bisogna che intervenga la nera orchestra che suona solo twist perché la Mina possa scendere dal palcoscenico e raggiungere la mamma che le getta subito sulle spalle, appena sudate, la stola di visone bianco.
La guardano tutti a bocca aperta, questa signora scollatissima molto bella, che si tocca con distacco i riccioli striati di bianco alzati in cima alla testa: per fortuna basta che un ragazzino, forse quattordicenne, la inviti a ballare perché la Mina si dimentichi del suo nuovo personaggio e si precipiti con l’entusiasmo impegnato del suo acerbo compagno in un formidabile twist, una gamba di qua e una di là, un fianco avanti e uno indietro, il tutto a ritmo velocissimo che mette in pericolo la stabilità del suo decolté e della sua pettinatura.
Tirano tutti un sospiro di sollievo; meno male. Tutto sommato la Mina non è poi così cambiata, si può continuare a trovarla simpatica. Lo “show” di questa notte alla “Bussola” è stato l’unica apparizione della Mina sulle spiagge italiane: da tempo ormai ha smesso la faticosissima estate cui si sottopongono i suoi colleghi e che consiste nel saltare ogni sera da una città all’altra, cantare dieci canzoni, firmare cento autografi e scappare subito per raggiungere il prossimo dancing, la prossima balera. Mina raccontava nel pomeriggio ai suoi amici Dario Fo e Lelio Luttazzi, che erano subito venuti a salutarla, perché questa serata sarebbe stata unica. Era appena arrivata, fresca, senza trucco, tutta allegra e bene in carne, con tutto il suo seguito: mamma, accompagnatore al piano, manager, un paio di amiche della mamma, il fratello Geronimo “Io mi diverto pazzamente a cantare”, spiegava, “sono tutta elettrizzata all’idea di questa sera, ho accettato proprio perché non ne potevo più, morivo dalla voglia di far sentire le mie canzoni nuove. Poi riparto subito, vado in Spagna per un paio di trasmissioni televisive, poi in Germania per un film musicale, poi di nuovo in Italia per un altro film di Mattoli, un giallo rosa che si intitolerà “Un cadavere per signora”. Televisione in Italia per ora niente, il progetto per uno show con Fo è andato a monte, peccato”.
“Ma perché non fai qualche film serio?” le chiedono.
“Non sono pazza, so di non essere un’attrice: e poi, le cose serie non mi divertono. Stare lì ad alzarsi presto a lavorare, a studiare chi me lo fa fare? Ho appena rifiutato un film con un regista grosso così, di quelli che vanno diretti al Festival di Venezia, ma non me la sento proprio di impegnarmi”.
La Mina la vedremo dunque sempre meno. Chi l’ha vista questa sera può considerarsi un privilegiato; ormai ha imparato a difendersi, è diventata accorta e disincantata.
“Maturare, sono maturata: e sono state le carognate, più le carognate, più le carognate che ti regalano ogni giorno in questo ambiente a farmi diventare adulta. Ormai non mi fanno più né caldo né freddo, le ignoro, sono corazzata. L’unica cosa che ancora non mi va giù sono quelle porcherie che inventano sulla mia vita sentimentale”.