LA CATTEDRA DEL FESTIVAL

La Stampa n. 8/2011

Sanremo. Benigni. La lezione. Benigni, che Dio lo benedica. La lezione era per tutti, indistintamente. E, almeno dal picco di ascolto, pare che tutti l’abbiano seguita. Sembra capitare per caso. L’epifania di luce è sempre garantita con Roberto Benigni, maestro premuroso e rispettoso e appassionato nei confronti di ciò che sa, di come lo vuole comunicare e dei cervelli che raccolgono parole e significati.
Indipendentemente dal contesto, non importa quale sia lo spunto, il miracolo avviene e un palco si trasforma in cattedra. La perla rara dell’autorevolezza appare evidente. Pochi minuti sono sufficienti per sospendere i confronti con tutto il resto che la televisione normalmente rilascia. Lo schema dell’aver ragione a tutti i costi ci sembra, finalmente, volgare e banale. Un signore dice e molti ascoltano. E non c’è bisogno di satira e neppure di seriosità. La satira è come il dialetto del pensiero. La seriosità è troppo poco democratica. Noi allievi abbiamo bisogno di una lingua pura, potente, ricca e consolidata, per imparare. Siamo disposti finalmente ad acconsentire ai cambi di tono, dal sottovoce fino all’urlo, perché in questo caso non significano sottomissione, incertezza, falsità o prepotenza.
Benigni squarta per noi la storia, la letteratura e varie altre espressioni degli uomini e, per porgercene i contenuti, usa la propria convinzione senza concessioni all’ammiccamento del proselitismo. Come nelle aule di qualsiasi scuola, ci sarà stato qualcuno un po’ duro di comprendonio che avrà avuto voglia di distrarsi o qualcun altro che, «nato imparato» e arrogante quanto basta, avrà cercato di sminuire la grandezza del docente. Ma gli esseri normali per intelletto e onestà si saranno sentiti per lo meno deliziati. Gli ingredienti della ricetta non sono pochi. Non si deve banalizzare l’incanto. Un popolo non è libero soltanto perché può scegliere la risposta a un sondaggio su destra e sinistra, sul formaggio di mucca o di capra, sui biscottini al cioccolato o alla crema. È libero quando apprende e sa e trova la poesia della vita consapevole. Benigni interpreta questo bisogno. L’altra sera, partendo dall’inno di Mameli, ci ha fatto capire cosa e come e perché si possano utilizzare i diritti e i doveri di un mezzo di comunicazione. Il risvolto sociale di un tale evento è profondo, tanto da farci desiderare appuntamenti più frequenti. Vuoi, Roberto?

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20 Febbraio 2011

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