Tony Di Corcia – Edizioni Clichy – 2023
Stanotte l’inferno è un condominio affollato. Chiunque lo abita ha nostalgia di un amore, soffre per qualcuno, aspetta invano un cenno. O, peggio, finge di condurre una vita normale e nel cuore custodisce il fantasma di un amore mai nato. Identico è il rifugio: la voce di Mina. Basta mettere una sua canzone, e subito ci si sente compresi, incredibilmente descritti, accolti e accettati. Cadono le convenzioni del tempo, e potrebbe essere un livido pomeriggio invernale, di quelli che seguono il tripudio natalizio con un silenzio quasi lugubre, ma potrebbe essere anche una sera d’estate, con tutti che corrono verso una gioia impossibile e tu che sei alla ricerca di una risposta, di un senso, di una soluzione. Potrebbe essere il 2023, ma anche il 1980, il 1973. Carmela e Rosanna tornano a essere due ragazze che si chiudono nella camera che le ha viste bambine, e rimuginano sui loro uomini assenti ascoltando Anche un uomo: può sempre avere un’anima quello che conosci tu, Mina cara, ma i nostri sono terribili. Forse è per questo che gli amiamo. Paolo torna a sospirare per quel ragazzo che gli preferisce le donne, una in particolare, e non si capacita di come possa amarla, visto che lo tratta malissimo. Quanto saprei amarti io, se solo me lo permettessi. A questo punto viva lei. Marco continua a lambiccarsi tra un amore dorato, illusorio, e la sua lunghissima relazione, stanca e prevedibile. “Devo tornare a casa mia?”: la canzone di Mina si presta a interpretare l’interrogativo che più lo cruccia. Per tutte loro, per tutti loro, il rimedio è lo stesso: quella voce che arriva come un balsamo, quelle parole che suonano come un ritratto. Per un attimo li illude che quel dolore, mentre lo canta lei per loro, possa essere sopportato. Per il tempo di una canzone, quel dolore è la nota più viva e più calda del loro povero amore.