La Stampa n. 21/2000
È un po’ il momento della verità, quando hai più tempo per te stesso, quando puoi scegliere dove andare, che cosa fare, con chi parlare, che cosa leggere, che cosa ascoltare. Momento impegnativo, l’estate, anche se sembrerebbe proprio il contrario. Più che del dovere o del fare, è momento dell’essere, in cui viene a galla quello che ti interessa veramente.
Assistiamo a reiterate aggressioni che cercano di ridurre la vacanza a periodo privilegiato per l’evasione sotto vuoto spinto. Impazza il gossip, il chiacchiericcio che abita indifferentemente all’ombra di una tenda da spiaggia o sui giornali più seriosi. I telegiornali straripano di chincaglieria pseudoculturale, di sondaggi e di statistiche, più simili ad argomenti di certi dialoghetti che si imbastiscono in spiaggia, tanto per ingannare il tempo o per far vedere a quello dell’ombrellone accanto che noi sì che ce ne intendiamo. Le Olimpiadi sono ancora lontane e, per riempire il vuoto, l’ossessiva girandola della cronachetta rosa non sa più su quali bestialità ripiegare. Se il calcio è in letargo, si ingigantiscono le dolcissime dichiarazioni di Zoff. E nell’abulica sonnolenza della politica nostrana, sono come manna piovuta dal cielo le esternazioni del Pontefice per rinfocolare i dibattiti. Per fortuna, tra poco i nostri pomeriggi saranno inondati dai film di Totò, unico benedetto, miracoloso punto di certezza nelle estati italiche.
A costo di sembrare antica e démodée, credo ancora nel primato della persona. Il tempo della vacanza è il momento supremo della personalità, periodo in cui più liberamente e tranquillamente si può prendere o riprendere coscienza. Se dalla vita e dal crescere non c’è vacanza, vorrei un’estate che diventi cammino, un passo nel cammino verso una maggiore maturità di sé, verso un senso più grande di se stessi. Tutto il contrario della spensieratezza frivola, come quella che tracima dallo schermo, mai così garrulo come in queste calde serate.
E allora, se il tempo ci viene dato con più abbondanza, può diventare occasione propizia per le scelte che ci stanno a cuore o per riprendere ciò che la frenesia della quotidianità lavorativa ci ha impedito di gustare. Forse un po’ di tempo fa abbiamo lasciato qualche buon libro su uno scaffale che frequentiamo raramente. Oppure un disco che abbiamo sentito troppo di fretta richiede un ascolto più intelligente per avere la possibilità di diventare un pezzetto della colonna sonora della nostra vita. Le arene estive ripropongono quel film che abbiamo perso lo scorso inverno. E i musei, che in questa formidabile Italia si trovano anche in piccole cittadine a pochi chilometri dalle località di mare o di montagna, rimangono aperti anche di sera. Che meraviglia.
Ma se, nonostante tutto, ci ritroveremo con il solito giornale rosa tra le mani per riversare le nostre attenzioni ficcanasistiche verso le tettone vere o rifatte delle attricette o ci illanguidiremo dietro la solita love story, niente di male: l’abbiamo scelto noi. E questo è il segno, forse addirittura il simbolo, di ciò che siamo.